Premesso che:
per il biennio 2021-2022, in attesa dell'approvazione della nuova PAC (politica agricola comune), continuerà ad essere in vigore la regolamentazione della PAC 2014-2020;
secondo quanto dichiarato dal Ministro in indirizzo, l'intenzione è che dal 2023 i fondi europei per l'agricoltura potrebbero essere assegnati secondo il "new delivery model", un nuovo modello di gestione centralizzato che, attraverso un piano strategico nazionale, stabilirà la programmazione sia delle risorse per i pagamenti diretti, nell'ambito del primo pilastro, che di quelle per lo sviluppo rurale, nel secondo;
le risorse per entrambi i periodi, 2021-2022 e nuova PAC 2023-2027, derivano dal quadro finanziario pluriennale, che per quei 7 anni assegna alla politica agricola comune 336,4 miliardi di euro. Nel primo biennio, però, i piani di sviluppo rurale (PSR) beneficiano anche di fondi aggiuntivi provenienti dal recovery fund o "Next generation EU": 7,5 miliardi di euro in tutto, oltre 8 in prezzi correnti, di cui circa 910 milioni di euro per l'Italia;
il problema riguarda il piano per l'assegnazione dei fondi europei del fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) per il periodo transitorio (2021 e 2022), 3 miliardi e 910 milioni di euro, che diventano 6,9 miliardi con il cofinanziamento nazionale e regionale;
considerato, inoltre, che:
le 6 Regioni che più hanno da perdere dal passaggio ai nuovi criteri, e che rappresentano da sole il 60 per cento delle aree interessate dai PSR (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria), hanno bocciato qualsiasi ipotesi transitoria, motivo per cui per cui il 21 aprile 2021 non era stata trovata l'intesa in Conferenza Stato-Regioni, nella ripartizione dei fondi FEASR relativo gli anni 2021 e 2022, per un importo complessivo di 3.915.095.032 euro, assegnati all'Italia per la programmazione futura del programma di sviluppo rurale;
la proposta pervenuta alle Regioni, per come da loro evidenziato in una lettera, inviata sia al Ministro in indirizzo sia al commissario europeo per l'agricoltura, parte dal presupposto di utilizzo dei parametri per la ripartizione dei fondi FEASR definendoli "oggettivi" come se fossero portatori di una verità scientifica. Questo viene fatto passare come se fosse un equivalente del concetto che l'adozione di siffatti criteri renda giustizia a tutte le Regioni. Un'ipotesi logica basata su un sistema di assegnazione delle risorse per il de minimis errata perché l'assegnazione dei fondi FEASR non può e non deve seguire i criteri di assegnazione degli altri fondi, proprio perché questi sono utilizzati per colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere ed emarginali;
è questa, d'altronde, anche la posizione del commissario europeo per l'agricoltura Janusz Wojciechowski, visto che i fondi sono europei, ed è chiara e ben delineata sulla questione generale dei fondi destinati allo sviluppo rurale: le somme del FEASR del secondo pilastro sono esclusivamente destinate a colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e le aree più povere e marginali. Un'indicazione che peraltro dovrebbe valere sia per il biennio di transizione che per la nuova programmazione;
il regolamento (UE) 2020/2220 ha prorogato per il 2021 e 20211 non solo i programmi di sviluppo rurale ma anche l'attuale regime dei pagamenti del primo pilastro della PAC (pagamenti diretti, convergenza interna, convergenza interna, riserva nazionale, pagamenti accoppiati, eccetera). L'Italia entro il 19 febbraio 2021 doveva comunicare l'intenzione di proseguire la convergenza interna dei titoli PAC verso un valore medio nazionale, questo non è stato fatto e scegliere oggi di ripartire le risorse dello sviluppo rurale in base a un nuovo criterio senza che vi sia stato un confronto sulle scelte da prendere sul primo pilastro della PAC rischia di creare disparità tra le regioni falsando gli accordi presi fino ad oggi sulla politica agricola nelle diverse regioni;
valutato, infine, che:
nel corso di un intervento alla Camera il Ministro ha illustrato la nuova soluzione transitoria per sopperire alle perdite delle 6 regioni dovute al nuovo riparto dei FEASR: "Il nuovo criterio di riparto incide su alcune Regioni per 92 milioni di euro circa complessivi nel biennio 2021-2022. Credo però sia giusto che in questo momento nessuna Regione sia costretta a rinunciare a una parte delle risorse, soprattutto per affrontare più serenamente il post-pandemia del settore agricolo. Ecco perché abbiamo deciso di creare un Fondo che metta a disposizione quelle risorse, esattamente 92 milioni di euro, a tutela di quelle Regioni che con il nuovo criterio di riparto prenderebbero meno fondi". Da un lato, quindi, vi è la conferma della proposta di riparto fatta ad aprile scorso: nel primo anno, il 2021, il 90 per cento dei criteri storici e il 10 per cento dei criteri oggettivi. Nel secondo anno, invece, il 70 per cento di criteri storici e il 30 per cento di criteri oggettivi per il riparto. Dall'altro, vi è un fondo che andrà a coprire le risorse mancanti per alcune Regioni (si legga "Nuova soluzione sul riparto dei Fondi FEASR: l'intervento alla Camera del Ministro Patuanelli" su "ruminantia");
nei fatti, però, è stato creato un fondo aggiuntivo per sopperire alle perdite delle 6 regioni suddette ("Feasr, Patuanelli propone fondo per regioni con meno risorse" online su "regioni") contravvenendo alle indicazioni dell'Europa, e il problema rimane per i criteri da definire e in uso dal 2023,
si chiede di sapere:
che cosa intenda fare per il futuro il Ministro in indirizzo visto che, già con l'attuale ripartizione della PAC, i soldi sono già troppo pochi e sia stravolgendo i parametri attualmente in vigore sia ritoccando la ripartizione dei fondi FEASR del PSR spostandoli dal Sud al Nord ha intrapreso una strada che, come ha già dichiarato il commissario europeo per l'agricoltura, è impraticabile visto che le somme del FEASR sono destinate a colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere e marginali, cioè tra le 6 regioni più povere che si oppongono alla nuova ripartizione e le altre 15 e che potrebbe, quindi, portare all'apertura una procedura d'infrazione per il mancato recepimento e rispetto di una direttiva europea e, quindi, anche al blocco dei fondi;
se si sia reso conto che le riduzioni operate negli ultimi 8 anni hanno creato un notevole gap tra Nord e Sud che non sarà recuperato e le ultime scelte non fanno altro che ampliarlo ancora di più. Se agli agricoltori del Sud non sarà trasferita direttamente una quota maggiore rispetto a prima, i tagli inferti non permetteranno recuperi portando, invece, verso un mega latifondismo a danno dei piccoli produttori. Promuovere questa politica significa non aver capito che la crisi produttiva, collegata alla ripartizione dei fondi, è davvero grave, anche per gli effetti che avrà sul clima e sui prezzi.